Imballaggi e plastic tax ai tempi del coronavirus
Plastic tax e coronavirus
La plastic tax, una nuova tassa governativa sugli imballaggi e sui prodotti di plastica monouso, è stata ideata per ridurre la quantità di rifiuti inquinanti e quindi per tutelare l’ambiente. La sua applicazione, consistente in una cifra di 45 centesimi di euro per chilogrammo di materiale plastico, dovrebbe venire applicata dal mese di luglio 2020.
L’emergenza scattata in seguito alla pandemia di Covid-19, tra le varie problematiche, ha sollevata anche quella del confezionamento dei cibi, dato che la sicurezza dei prodotti alimentari presenti nei supermarket presuppone l’impiego di pellicole trasparenti e di imballaggi di polistirolo, dato che è altamente sconsigliabile che i prodotti vengano posti in vendita senza le necessarie protezioni.
Questa situazione rende decisamente inopportuna l’applicazione di nuove tasse su materiali indispensabili per la salvaguardia della salute umana e quindi si ipotizza un annullamento dell’imposta, anche se al momento il problema non è stato ancora risolto.
Gli effetti del coronavirus sulle imprese hanno già colpito duramente l’economia che ha subito una perdita pari a oltre il 40% del fatturato, mettendo a rischio quasi 80mila posti di lavoro. Se da un lato sussiste il reale rischio di una crisi finanziaria di notevoli dimensioni, d’altro lato appare particolarmente ingiusto colpire proprio un settore ritenuto indispensabile per la salvaguardia della salute. In questa fase di grave emergenza si rivela di fondamentale importanza poter sfruttare imballaggi sia nel settore alimentare che in quello farmaceutico e tecnologico in quanto è indispensabile limitare al massimo il contatto tra persone ed oggetti e superfici.
Importanza degli imballaggi durante la pandemia di Covid-19
Tra le numerose misure di sicurezza imposte dal governo per arrestare la diffusione della pandemia da Covid-19, una delle principali risulta collegata all’esigenza di evitare i contatti, dato che i rapporti scientifici sono concordi sul loro ruolo impattante per la propagazione del contagio. L’industria alimentare in primis, ma anche quella medicale e farmaceutica necessitano di imballaggi mirati a garantire un trasporto merceologico sicuro non soltanto per i riceventi, ma anche per chi lo effettua.
Si tratta di servizi indispensabili per evitare che si verifichino le condizioni ritenute rischiose, come quelle ipotizzabili ad esempio nei supermercati e nelle farmacie.
Oltre al distanziamento interpersonale è infatti necessario limitare al massimo anche i contatti con superfici e oggetti, su cui il coronavirus è in grado di sopravvivere per un certo periodo di tempo. Anche se non è stato provato con certezza la sua pericolosità per ingestione, è comunque consigliabile evitare di venire a contatto con alimenti potenzialmente contaminati. Durante questa emergenza collegata alla diffusione del coronavirus diventa inevitabile la necessità di rivalutare l’importanza del packaging che in numerosi settori del commercio (da quello alimentare al farmaceutico e medicale fino ad arrivare a qualsiasi merce recapitata a domicilio) svolge l’importante funzione di preservare la salute dei consumatori. Sicurezza, conservazione, fruizione e trasporto sono soltanto alcuni requisiti che gli imballaggi sono in grado di offrire ai loro fruitori mai come in questa fase d’emergenza.
Imballaggi e trasporti
In un periodo in cui è vietato uscire di casa e nel quale la maggior parte degli esercizi commerciali è chiusa, è chiaro che la principale quota degli acquisti viene fatta con consegne domiciliari tramite corrieri. Per questo motivo il ruolo degli imballaggi ha assunto una rilevanza fondamentale, maggiorata dal fatto che le merci devono comunque venire il meno possibile a contatto con le persone. Si deduce quindi quanto sia importante poter disporre di un packaging adattabile alle diverse richieste di mercato, in grado dunque di risolvere i problemi derivanti dall’attuale situazione sanitaria.
Le abitudini dei consumatori stanno notevolmente modificandosi tenendo conto che il coronavirus può sopravvivere 24 ore sul cartone, ma fino a 3 giorni sulla plastica.
In base a questi dati le aziende alimentari (e non solo) si stanno orientando verso il packaging più idoneo al trasporto delle merci, con la finalità di tutelare al massimo le persone.
Il cartone presenta alcuni limiti funzionali e operativi derivanti dalla elevata sensibilità all’umidità e dalla minore capacità protettiva per le merci; esso inoltre implica dei costi piuttosto elevati, anche se, trattandosi di un materiale naturale, offre comunque prestazioni appetibili. La plastica invece garantisce maggiori prestazioni sia funzionali che sanitarie in quanto può venire facilmente sanificata mediante l’impiego di un semplice panno imbevuto di apposita sostanza disinfettante.
Grazie a una migliore garanzia d’igiene, a una maggiore integrità nel trasporto e a una più sicura conservazione, attualmente gli imballaggi in plastica sono quelli che incontrano più favori sia presso i venditori (che riescono a ottemperare alle normative vigenti) sia presso i consumatori (che si sentono meglio tutelati).
Si tratta di uno stato di fatto particolarmente fluido e molto condizionato da una situazione “on demand” in grado di modificarsi strada facendo, anche e soprattutto tenendo conto dei protocolli sanitari indicati dalle autorità.
Certo è che, in tale situazione, l’ipotesi della plastic tax può risultare inopportuna.